Tra le fasi del dormire, il ciclo REM è quella più enigmatica: è legata a sogni vividi e a un cervello quasi sveglio. Spiegheremo come si alterna alle fasi NREM, perché viene chiamato sonno paradosso e cosa rivelano i movimenti oculari rapidi.
Il REM è una fase del sonno con attività cerebrale intensa, occhi che si muovono rapidamente e muscoli rilassati. Si alterna al NREM in cicli di 90–110 minuti, diventa più lungo verso mattina e sostiene memoria, emozioni e sogni vividi.
Come funziona il ciclo REM nel sonno?
Durante il REM, i movimenti oculari rapidi si accompagnano a un'attività elettrica del cervello simile a quella della veglia. Il corpo resta in atonia muscolare, come un freno di sicurezza che impedisce di tradurre i sogni in azioni.
Per questo lo si definisce “sonno paradosso”: mente attiva, corpo fermo, sensazioni e sogni vividi.
Quali sono i segnali del REM?
Gli strumenti che lo rivelano sono l’EOG (elettro-oculogramma) per gli occhi, l’EEG (elettroencefalogramma) per l’attività cerebrale e l’EMG (elettromiogramma) per il tono muscolare. La frequenza cardiaca può oscillare, il respiro diventa irregolare e l’attività delle aree visive e limbiche aumenta, spiegando perché le immagini oniriche risultano così intense.
Un ciclo di sonno tipico alterna NREM e REM più volte nella notte. I primi episodi REM sono brevi; in quelli finali, vicino al risveglio, la fase può allungarsi sensibilmente, facendo spazio a narrazioni oniriche più articulate.
Punti chiave sul REM
- Il REM è una fase del sonno con movimenti oculari rapidi e attività cerebrale elevata.
- Si alterna con le fasi NREM in cicli di circa 90–110 minuti.
- La quota di REM cresce nei cicli notturni finali e dura più a lungo verso il mattino.
- Negli adulti rappresenta in media il 20–25% del sonno totale.
- È associato a sogni vividi, consolidamento della memoria ed elaborazione emotiva.
- Viene misurato con EEG, EOG e EMG in laboratorio del sonno.
Quante fasi del sonno ci sono?
Gli scienziati descrivono l’architettura del sonno con quattro stadi: N1, N2, N3 (sonno a onde lente) e REM. Insieme, compongono il ciclo che si ripete più volte durante la notte, con un equilibrio tra profondità del riposo e capacità del cervello di rielaborare informazioni.
Come si passa da NREM a REM?
Si parte di solito dalle fasi leggere (N1, N2), si scende al sonno profondo (N3) e si risale verso il REM. Questo “saliscendi” permette al cervello di alternare recupero fisico e processi come memoria ed emozioni. L’ordine può variare, ma l’alternanza è la regola, e si organizza in una vera e propria architettura del sonno.
Durante N3 prevale la riparazione e la secrezione di alcuni ormoni; durante REM emergono creatività e integrazione di ricordi. Le due componenti sono complementari, non rivali, come due metà di una stessa bilancia.
Qual è la durata del REM?
Negli adulti, il REM rappresenta in media il 20–25% del tempo totale di sonno e compare in cicli di circa 90–110 minuti che si ripetono più volte nella notte. I primi episodi possono durare pochi minuti; gli ultimi arrivano spesso a 20–40 minuti, con un picco nelle ore finali.
Il timing non è solo una questione di orologio: segue i ritmi circadiani, l’orologio biologico che coordina temperatura corporea, melatonina e propensione al sonno. Così, la propensione al REM tende ad aumentare verso il mattino, quando il cervello è più vicino alla soglia del risveglio.
Se il sonno è stato ridotto nelle notti precedenti, può comparire un “rimbalzo REM”: il cervello recupera parte della quota persa concentrando episodi più intensi e lunghi. Anche cambi di abitudini o di fuso orario possono temporaneamente alterare durata e distribuzione degli episodi.
Cosa cambia con età e cronotipo?
Il REM non ha lo stesso peso per tutta la vita. Nei primi mesi, i neonati trascorrono circa il 50% del sonno in REM, una quota che cala progressivamente durante l’infanzia per stabilizzarsi nell’età adulta. In età avanzata, la struttura del sonno tende a frammentarsi, e i risvegli notturni possono accorciare alcuni episodi.
Le differenze individuali contano: chi ha un cronotipo “allodola” concentra più REM prima dell’alba, il “gufo” lo sposta più tardi. Turni serali, jet lag o cambi stagionali possono disallineare l’orologio interno, alterando quando e quanto REM compare nella notte.
Il cronotipo influisce sul REM?
Sì, perché il cronotipo è una preferenza temporale collegata a genetica e abitudini. Un orario di sonno coerente aiuta il cervello a sincronizzare i picchi di REM con i momenti di massima probabilità, migliorando la continuità del ciclo senza cambiare il fabbisogno complessivo.
Quali fattori influenzano il REM?
La quota di REM non è fissa: varia con attività fisica, stress, dieta, esposizione alla luce, uso di sostanze e privazione di sonno. Anche il rumore ambientale e temperature estreme possono frammentare i cicli, con effetti più marcati negli episodi finali della notte.
- Durata del sonno. Dormire troppo poco riduce lo spazio per gli episodi finali di REM. Estensioni ragionevoli del riposo consentono al cervello di completare l’intera sequenza di cicli, aumentando la probabilità di fasi REM più lunghe.
- Ritmo regolare. Orari di coricamento e risveglio coerenti stabilizzano la finestra in cui il REM tende a emergere. Cambi irregolari spostano i picchi e rendono la notte più frammentata, con episodi brevi e meno concatenati.
- Stress ed emozioni. Periodi intensi possono sia aumentare sia ridurre il REM, a seconda del momento della notte. La modulazione delle reti limbiche influenza la comparsa di contenuti onirici più carichi emotivamente.
- Sostanze e farmaci. Alcol e alcuni stimolanti possono comprimere o spezzare il REM, mentre la sospensione di alcune molecole può indurre un “rimbalzo”. Gli effetti dipendono da dose, timing e sensibilità individuale.
- Età e sviluppo. Nei giovani adulti la percentuale tende a essere stabile; durante infanzia e adolescenza cambia in relazione alla maturazione cerebrale. Nell’anziano, maggiore frammentazione notturna comporta episodi più brevi.
- Ambiente e comfort. Rumori, luce o temperatura non ottimale possono interrompere i cicli. Una stanza silenziosa e buia riduce risvegli, favorendo la continuità che rende il REM più prevedibile nella seconda parte della notte.
- Cronotipo e lavoro a turni. Spostare i tempi di sonno oltre il proprio preferito può disallineare l’alternanza NREM–REM. Chi lavora di notte sperimenta spesso episodi di REM in orari inconsueti.
- Pennichelle e riposi diurni. Sonni brevi possono non raggiungere il REM, ma riposi più lunghi lo includono e possono influire sulla successiva notte. Effetti e utilità dipendono dall’orario e dalla durata.
Come si misura il REM in laboratorio?
Il riferimento è la polisonnografia, che registra simultaneamente EEG, EOG ed EMG per classificare i micro-segnali del sonno secondo criteri standardizzati. L’analisi a epoche (di solito 30 secondi) consente di identificare con precisione la comparsa e la durata degli episodi REM.
Dispositivi da polso o smartphone stimano il REM con accelerometri e segnali indiretti. Possono essere utili per osservare tendenze personali, ma non equivalgono a una diagnosi clinica o a una valutazione specialistica, che richiedono strumenti e competenze dedicate.
Cosa misurano EEG, EOG ed EMG?
L’EEG rileva onde cerebrali rapide e a basso voltaggio tipiche del REM; l’EOG traccia i movimenti oculari orizzontali e verticali; l’EMG segnala il tono ridotto del mento. La combinazione consente una classificazione affidabile anche quando i segnali sono parziali o rumorosi.
Domande frequenti sul REM
Il ciclo REM è uguale per tutti?
No, esistono differenze tra individui e lungo la vita. Età, cronotipo, orari e abitudini possono cambiare quando e quanto REM compare, pur mantenendo l’alternanza con le fasi NREM.
Si sogna solo in REM?
No. Esperienze oniriche possono presentarsi anche nelle fasi NREM, ma in REM i sogni tendono a essere più vividi, narrativi e ricchi di emozioni, grazie a un’attività cerebrale più simile alla veglia.
Quanto dura il primo episodio REM?
Di solito pochi minuti, spesso 5–10. Episodi successivi si allungano e possono raggiungere 20–40 minuti verso mattina, quando la propensione fisiologica al REM è più alta.
Perché durante il REM i muscoli sono “bloccati”?
Per un’atonìa muscolare indotta dal tronco encefalico. È una protezione fisiologica: impedisce che i movimenti immaginati nel sogno vengano eseguiti dal corpo durante il sonno.
Il sonnambulismo avviene in REM?
Di norma no: il sonnambulismo è associato al sonno profondo N3. In REM i muscoli sono rilassati, quindi i movimenti complessi risultano generalmente inibiti.
Come si studia il REM a casa?
App e dispositivi indossabili offrono stime basate su movimento e frequenza cardiaca. Possono dare indicazioni di tendenza, ma non sostituiscono misurazioni strumentali né valutazioni specialistiche.
Riepilogo essenziale
- Il REM alterna con NREM in cicli di 90–110 minuti.
- Negli adulti il REM vale circa il 20–25% del sonno.
- REM supporta sogni vividi, memoria ed emozioni.
- Durata e timing del REM aumentano verso il mattino.
- Età, cronotipo e abitudini influenzano la quota di REM.
Capire il REM aiuta a leggere il sonno con uno sguardo più completo: non solo “quante ore”, ma come si distribuiscono le fasi. Osservare segnali semplici — orari regolari, ambiente favorevole, variazioni stagionali — può chiarire perché alcune notti ospitano episodi più lunghi e sogni più intensi.
Queste informazioni hanno uno scopo divulgativo. Se noti cambiamenti marcati del sonno o impatti sul benessere diurno, rivolgiti a un professionista qualificato. Anche senza misurazioni avanzate, coltivare una relazione curiosa con il proprio riposo può rendere il ciclo REM meno misterioso e il sonno più significativo.
