Tra le grandi domande della filosofia, l’ontologia indaga che cosa esiste, come si struttura la realtà e come distinguiamo entità, proprietà e relazioni. È il cuore della metafisica intesa come studio dell’essere, ma si è evoluta con esempi e strumenti che vanno dai concetti quotidiani ai modelli formali usati nei dati.
Capire l’ontologia aiuta a parlare con chiarezza di “cose” molto diverse, dal numero tre a un albero, da un’azione a una legge fisica. In questa guida useremo analogie pratiche, un vocabolario semplice e riferimenti classici per vedere come i filosofi hanno affrontato queste domande, e perché contano ancora oggi.
L’ontologia studia che cosa esiste e come classifichiamo la realtà. Esplora criteri di esistenza e identità, differenze con la metafisica, esempi concreti e applicazioni pratiche (dalle definizioni quotidiane ai modelli di dati) per ragionare con precisione su entità e categorie.
Che cosa definisce l’ontologia?
L’ontologia chiarisce i modi dell’essere e i tipi fondamentali di cose. Nella tradizione aristotelica si dice che la filosofia prima studia l’essere in quanto essere, cioè ciò che vale per tutto ciò che è.
Qual è una definizione di lavoro?
Una definizione utile è: “l’ontologia indaga quali entità esistono e come sono organizzate”. Qui “entità” include oggetti, eventi, proprietà e relazioni. L’obiettivo è formulare classificazioni e principi generali (ad esempio parti e interi, identità nel tempo, dipendenza) che rendano coerenti i nostri discorsi sulla realtà.
Qual è un esempio semplice?
Pensa a una tazza. È un oggetto fisico, con una forma e una funzione; ha proprietà (colore, materiale) e sta in relazioni (sopra il tavolo, appartenente a qualcuno). L’ontologia chiede: che tipo di cosa è? Le “tazze” formano una categoria naturale? In che senso resta “la stessa” tazza dopo una rottura riparata?
Nel Novecento, W. V. O. Quine ha reso celebre l’idea di impegno ontologico: le teorie cui crediamo ci impegnano verso certi enti. Dire “esistono numeri” o “esistono proprietà” non è neutrale: implica cosa ammettiamo nella nostra immagine del mondo. Questo principio aiuta a distinguere ciò che nominiamo da ciò che davvero assumiamo come esistente nel nostro miglior quadro teorico.
Essere significa essere il valore di una variabile vincolata.
Testo originale
To be is to be the value of a bound variable.
In che cosa differisce dalla metafisica?
“Metafisica” è un termine ampio per l’indagine sul reale: cause, leggi, mente e mondo, tempo, possibilità. L’ontologia è una parte della metafisica che si concentra su che cosa esiste e su come classificarlo. Le aree si sovrappongono, ma non coincidono.
Per esempio, chiedere “Esistono solo oggetti fisici?” è ontologico; discutere se il tempo scorra davvero o sia un’illusione è anch’esso ontologico, ma coinvolge questioni metafisiche più generali. In pratica, l’ontologia rende esplicite le assunzioni di base su entità e categorie, mentre la metafisica esplora anche principi, cause e modalità (necessità/possibilità).
Domini e metodo
L’ontologia lavora molto su definizioni, criteri di identità e tassonomie. La metafisica aggiunge temi come causalità, mente-corpo, libero arbitrio. Entrambe mirano a chiarezza concettuale, ma l’ontologia è spesso più “architettonica”: mette ordine nei tipi di entità e nelle loro relazioni fondamentali.
Quali domande affronta davvero?
Le domande sono molte, ma alcune tornano da secoli. Di seguito una mappa pratica: non serve rispondere a tutto per usare bene i concetti; serve capire che cosa ogni domanda presuppone.
- Che cosa esiste, in generale? Gli enti sono solo fisici o includono numeri, proprietà e possibilità? Diverse risposte portano a quadri realistici, nominalistici o pluralisti.
- Quali tipi di entità riconosciamo? Oggetti, eventi, processi, sostanze, trope (proprietà-particolari). La scelta cambia come spieghiamo cambiamento, persistenza e leggi.
- Quali sono i criteri di identità? Quando due oggetti sono “lo stesso”? L’identità nel tempo (una nave riparata è la stessa?) guida principi per riconoscere continuità e alterazione.
- Che ruolo hanno proprietà e relazioni? Esistono indipendentemente dagli oggetti o sono modi di parlare? Questo incide su come trattiamo universalità, somiglianze e leggi naturali.
- Qual è lo statuto di finzione e astrazioni? Personaggi, confini nazionali, centri di gravità: che tipo di esistenza hanno? La risposta orienta il nostro linguaggio tecnico e comune.
- Che cosa significa “dipendere”? Alcune entità esistono solo perché altre esistono (ombre, buchi). Studiare la dipendenza aiuta a chiarire gerarchie nella realtà.
- Che cosa impegna la nostra teoria? Il nostro impegno ontologico deriva da ciò che le teorie migliori richiedono. Essere parsimoniosi evita gonfiature arbitrarie, ma serve anche spiegare il mondo.
Come lavorano le ontologie applicate?
Oltre alla riflessione filosofica, esistono ontologie “ingegneristiche” che rendono i dati confrontabili. Le ontologie formali fissano un vocabolario condiviso di classi e relazioni per migliorare ricerca, integrazione e analisi in domini come biomedicina o beni culturali.
Nell’ingegneria della conoscenza si usano standard come RDF (Resource Description Framework) e OWL (Web Ontology Language). In ambito fondazionale, schemi come BFO (Basic Formal Ontology) e DOLCE (Descriptive Ontology for Linguistic and Cognitive Engineering) aiutano a evitare ambiguità, gestendo livelli (oggetti, processi) e vincoli di coerenza.
Un esempio: due musei digitalizzano opere. Senza un’ontologia condivisa, “autore”, “datazione” o “tecnica” potrebbero essere usati in modi diversi. Con un modello comune, le banche dati dialogano e si ottengono query affidabili, grafi di conoscenza comparabili e inferenze riproducibili.
Come studiare e spiegare l’ontologia
Si può cominciare dal lessico e dagli esempi, per poi confrontare teorie. Ecco un percorso pratico orientato alla chiarezza e alla verificabilità, utile a studenti e professionisti dei dati.
- Definisci i termini chiave. Chiarisci “entità”, “proprietà”, “relazione”, “identità”. Scrivi definizioni operative, con contro-esempi: la chiarezza terminologica riduce equivoci.
- Raccogli esempi eterogenei. Oggetti fisici, numeri, eventi, istituzioni. Vedi cosa condividono e dove divergono; abbozza una tassonomia provvisoria.
- Confronta quadri teorici. Realismo, nominalismo, pluralismo. Valuta che cosa guadagni (spiegazione) e che cosa paghi (complessità) in impegno ontologico.
- Traduci in modelli. Se lavori con dati, prova a codificare classi e relazioni in uno schema controllato: l’esercizio rivela ambiguità nascoste e fornisce criteri espliciti.
- Rendi pubbliche le assunzioni. Documenta scelte e limiti: quali entità ammetti? quale dominio? quali criteri di identità? La trasparenza rende il modello riutilizzabile.
Punti chiave sull’ontologia
- L’ontologia studia che cosa esiste e come si classifica.
- Distingue entità, proprietà, relazioni e categorie.
- È distinta ma connessa alla metafisica.
- Le domande guida riguardano criteri di esistenza e identità.
- In informatica, ontologie rendono dati comparabili e riusabili.
- L’impegno ontologico deriva dalle teorie che accettiamo.
Domande frequenti
Qual è la differenza tra ontologia e metafisica?
La metafisica indaga il reale in senso ampio (cause, leggi, possibilità). L’ontologia è la parte che chiarisce che cosa esiste e come si classificano entità e relazioni; le due aree si sovrappongono ma non coincidono.
Che cosa significa “impegno ontologico”?
È il vincolo verso certi enti implicato dalle nostre teorie migliori. Se una teoria richiede numeri o proprietà, accettarla ci impegna a includere tali enti nel nostro inventario del mondo.
Che cos’è un’ontologia formale?
È un modello esplicito di classi e relazioni per un dominio, usato per integrare e interrogare dati in modo coerente. Include definizioni precise e vincoli che consentono inferenze automatiche e comparazioni affidabili.
L’ontologia serve anche fuori dalla filosofia?
Sì. In informatica, sanità, beni culturali e scienze, le ontologie migliorano qualità e interoperabilità dei dati, riducendo ambiguità terminologiche e facilitando analisi, ricerche e condivisione della conoscenza.
Esempi quotidiani di classificazioni ontologiche?
Ricette, cataloghi, playlist: ogni elenco implica categorie (“ingredienti”, “genere”) e regole d’identità (quando due cose sono abbastanza simili da rientrare nella stessa classe) che riflettono scelte ontologiche pratiche.
In sintesi e oltre
- L’ontologia chiarisce che cosa esiste e come lo diciamo.
- Definizioni e criteri di identità rendono i concetti operativi.
- Metafisica e ontologia dialogano ma non coincidono.
- Le ontologie formali migliorano coerenza e interoperabilità dei dati.
- Rendere esplicite le assunzioni aumenta chiarezza e riuso.
L’ontologia non è un lusso teorico: è uno strumento per pensare meglio. Chiedersi che cosa ammettiamo e perché, esplicitare criteri di identità, costruire tassonomie con esempi chiari: tutto questo rende più solide analisi, decisioni e scambi tra discipline. Il punto non è “avere l’ultima parola” su ciò che esiste, ma coltivare modelli utili, trasparenti e discussi pubblicamente.
Che tu stia studiando testi classici o progettando dati, prova a tradurre le tue intuizioni in definizioni verificabili e a confrontarle con alternative. La buona ontologia è un invito alla chiarezza condivisa: meno ambiguità, più comprensione reciproca.
