Il Kraken, leggendario mostro marino della tradizione scandinava, emerge nelle storie come una creatura colossale capace di capovolgere navi. Tra mito norreno, saghe e racconti di marinai, questo mostro marino incarna la paura dell’ignoto e il fascino degli abissi. Scopriremo origini, descrizioni, simboli e come la scienza spiega il racconto.

Figura del folklore scandinavo, il Kraken è descritto come un colosso marino che genera vortici e terribili tentacoli. Nelle fonti medievali e moderne è simbolo dell’ignoto; oggi lo si collega a grandi cefalopodi reali. Niente prove del mostro, ma un ricco patrimonio culturale e scientifico.

Quali sono le origini del Kraken?

Le radici del mito affondano nelle acque del Nord Atlantico, tra Norvegia e Islanda, dove pescatori e cronisti descrivevano incontri con creature immense. Tra suggestioni naturali e narrazioni, il racconto ha preso forma nei secoli, fino a diventare il mito del Kraken che tutti conosciamo.

Dove nacque la leggenda del Kraken?

Molti studiosi collegano il mito a osservazioni di animali reali e a fenomeni marini fraintesi: scie di balene, banchi di pesci, vortici e improvvisi sommovimenti dell’acqua. Nel pantheon del fantastico, a differenza di orchi ed elfi, il Kraken è legato all’acqua profonda: un gigantesco alter ego del mare.

Sin dal Medioevo, racconti orali e testi riportano presunte apparizioni nelle acque gelide del Nord. L’ambiente duro e imprevedibile, con nebbie e correnti, ha reso credibili narrazioni di navi risucchiate o avvolte da tentacoli.

Dove e quando compare nelle fonti?

Descrizioni di mostri marini compaiono in opere medievali e prime età moderne del Nord Europa. Alcuni testi menzionano creature che, per taglia e comportamento, ricordano il Kraken, anche se spesso con nomi diversi.

Kraken, nel folklore scandinavo, è un enorme mostro marino che si dice appaia al largo di Norvegia e Islanda.

Encyclopaedia Britannica — Kraken, 2024. Tradotto dall’inglese.
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Kraken, in Scandinavian folklore, a huge sea monster said to appear off the coasts of Norway and Iceland.

Tra le fonti medievali, il manuale didattico norvegese noto come Konungs skuggsjá descrive grandi meraviglie marine e ha ispirato letture moderne che accostano tali fenomeni al Kraken. Nel Settecento, resoconti naturalistici e di viaggio contribuirono a fissare nell’immaginario l’idea di una creatura gigantesca che abita l’oceano del Nord.

Punti chiave del Kraken

  • Nel folklore scandinavo, il Kraken è un mostro marino gigantesco tra Norvegia e Islanda.
  • Probabili ispirazioni: grandi calamari, balene e fenomeni oceanici.
  • Simbolismo: paure dell’ignoto, potere e profondità del mare.
  • Descrizioni tipiche: dimensioni colossali, tentacoli e vortici che affondano navi.
  • Nella cultura pop, compare in libri, film, giochi e musica.
  • Nessuna prova del mostro; esistono invece cefalopodi reali di grandi dimensioni.

Come è descritto il Kraken?

Le testimonianze lo dipingono come un essere che può apparire come un’isola: un dorso immenso, tentacoli che emergono e si avvolgono alle navi, e acque che ribollono creando vortici.

Illustrazione del Kraken che emerge tra le onde e minaccia una nave
Iconografia storica: il Kraken immaginato come creatura colossale fra onde e navi. · Public Domain (PD-scan/PD-old; PDM 1.0) · Le Poulpe Colossal - Wikimedia Commons

Talvolta si dice che attiri i pesci e i battelli per poi risucchiarli, come se respirasse l’oceano stesso.

Molte immagini storiche enfatizzano la scala: alberi spezzati, scafi capovolti, cieli plumbei. È una creatura tanto più terrificante quanto meno visibile: spesso la minaccia è suggerita dal moto dell’acqua, dal silenzio improvviso del mare, dal profilo scuro che affiora e svanisce.

Queste descrizioni riflettono la logica delle storie di mare: un ambiente imprevedibile, dove segnali naturali diventano presagi. L’iperbole narrativa serve a tradurre in figura uno stato d’animo collettivo: il timore del limite, dell’abisso e della perdita di controllo.

Che cosa dice la scienza?

Le scienze marine forniscono possibili spiegazioni: il calamaro gigante (genere Architeuthis), talora di dimensioni notevoli;

Riprese subacquee di un calamaro gigante: la scienza dietro il mito del Kraken. · Public Domain (NOAA) — credit: Edie Widder & Nathan Robinson · Giant Squid – NOAA Ocean Exploration (SD mp4)

grandi balene che, nutrendosi, creano turbolenze; correnti e onde interne che generano mulinelli locali. Le prime foto di un esemplare vivo in mare aperto risalgono al 2004 e le prime riprese video al 2006, confermando l’esistenza di grandi cefalopodi, non di un mostro mitico.

Un maresciallo di fenomeni può ingannare l’occhio: colonne d’acqua, convergenze di correnti, branchi compatti che mutano l’aspetto della superficie. L’insieme, visto da un ponte in tempesta, può apparire come un corpo unico dotato di braccia, soprattutto se il cervello è già predisposto alla pareidolia (tendenza a riconoscere forme note).

La lettura scientifica non annulla il mito: lo colloca. Così, il Kraken diventa un metaforico racconto del mare profondo, dove animali reali e processi fisici alimentano una narrazione che parla di rischio, saperi locali e meraviglia.

Perché il Kraken affascina la cultura pop?

La creatura vive ancora perché rappresenta una minaccia spettacolare e un simbolo plastico del caos. È flessibile: può essere nemico assoluto o forza naturale amoralmente neutra. Questo lo rende perfetto per storie, giochi e musica.

  • Letteratura: romanzi d’avventura e racconti marinareschi lo usano come prova estrema per i protagonisti. Il mare diventa antagonista attivo, e il Kraken ne è la maschera più iconica.
  • Illustrazione e fumetto: dalle incisioni ottocentesche alle graphic novel, la creatura evolve nel design ma conserva tentacoli e scala sovrumana.
  • Cinema: scene di navi stritolate e tempeste improvvise comunicano per immagini ciò che il testo suggeriva. Il Kraken funziona come set piece spettacolare.
  • Videogiochi: boss marini sintetizzano rischio, gestione delle risorse e lettura delle pattern ambientali (onde, risucchi, traiettorie).
  • Musica e cultura visiva: copertine e videoclip sfruttano il contrasto tra eleganza del mare e brutalità dei tentacoli.
  • Comunicazione e sport: il Kraken come emblema richiama forza, imprevedibilità, resistenza. È un’immagine potente, facilmente memorizzabile.
  • Educazione e musei: mostre sul mare usano la creatura come ponte narrativo per spiegare animali reali e processi oceanografici, trasformando paura in curiosità.

Domande frequenti

Il Kraken esiste davvero?

Non ci sono prove scientifiche dell’esistenza di un mostro come quello delle leggende. Esistono però grandi cefalopodi e fenomeni marini che spiegano molte parti del racconto.

Da quale tradizione proviene il nome Kraken?

Il termine ha radici scandinave e si diffonde in Europa attraverso racconti di mare e opere popolari. Indica una creatura gigantesca legata alle acque tra Norvegia e Islanda.

Che dimensioni avrebbe secondo le leggende?

Alcuni racconti parlano di un dorso scambiato per isola e di tentacoli capaci di circondare una nave. Sono iperboli narrative utili a esprimere l’enormità del pericolo percepito.

Che cos’è l’hafgufa e come si collega al Kraken?

Hafgufa è una creatura marina descritta in testi medievali norreni. Alcuni interpreti vedono in quelle descrizioni un possibile antecedente o parallelo del Kraken.

Quali animali reali possono aver ispirato il mito?

Calamaro gigante, polpi di grandi dimensioni, balene e banchi di pesci che alterano la superficie del mare. Anche onde interne e vortici locali hanno un ruolo.

Dove sono ambientate per lo più le storie sul Kraken?

Soprattutto tra le coste di Norvegia e Islanda, nel Nord Atlantico. Lì il clima rigido e le correnti hanno favorito racconti spettacolari e duraturi.

In breve cosa ricordare

  • Origini nordiche e racconti di mare hanno plasmato il mito.
  • Le scienze marine spiegano molte parti con animali e fenomeni reali.
  • Il simbolismo riguarda paura e meraviglia davanti all’ignoto.
  • Il mito resta vitale nella cultura pop contemporanea.
  • Nessuna prova del mostro, ma molto da studiare e raccontare.

Il Kraken continua a essere una lente narrativa potente: trasforma l’esperienza dell’oceano in storia condivisa. Usarlo come ponte tra tradizione e scienza aiuta a comprendere meglio il rapporto fra esseri umani e mare, tra paura e conoscenza, tra rischio e curiosità.

Conoscere il mito e le sue possibili basi reali non significa ridurlo: significa apprezzare come le comunità marinare abbiano elaborato, con immagini forti, ciò che non potevano misurare. La prossima volta che un’illustrazione di tentacoli affiora alla mente, si potrà intravedere, oltre la paura, il desiderio di capire.

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