Il magnetotermico è l’interruttore automatico che difende l’impianto da sovraccarichi e cortocircuiti. In parole semplici, stacca prima che i cavi si surriscaldino o che un guasto crei danni. Capire come funziona, quando differisce dal salvavita (differenziale) e quali norme lo riguardano aiuta a scegliere in modo consapevole.
In breve: il magnetotermico interrompe il circuito quando la corrente è eccessiva o scatta un corto. Non sostituisce il differenziale, che rileva dispersioni a terra. Per la scelta contano curva, corrente nominale e potere di interruzione, nel rispetto delle norme tecniche.
Qual è la differenza tra magnetotermico e differenziale?
Il magnetotermico interviene per sovraccarichi e cortocircuiti. Il differenziale (RCD) scatta quando rileva una dispersione di corrente verso terra, tipica di un guasto di isolamento o di un contatto indiretto. Sono dispositivi complementari, con funzioni diverse: il primo protegge i cavi e gli apparecchi, il secondo tutela soprattutto le persone.
Esempio pratico: se collego troppi carichi su una multipresa, l’assorbimento cresce e il magnetotermico può aprire il circuito. Se invece l’isolamento di un elettrodomestico cede, una piccola corrente può fluire verso massa; il differenziale rileva la dispersione e scatta, anche quando la corrente totale non è elevata. Per questo nei quadri domestici sono presenti entrambi.
Perché non basta un solo interruttore?
Perché nessun dispositivo fa tutto. Il magnetotermico non “vede” correnti piccole ma pericolose verso terra; il differenziale non è progettato per interrompere corti ad alto valore. Affiancandoli si ottiene una protezione addizionale che riduce i rischi sia per l’impianto sia per le persone.
Quando e come scegliere il magnetotermico?
La scelta dipende dal circuito, dai carichi e dal contesto d’installazione. In generale si valutano corrente nominale (In), curva d’intervento, potere di interruzione e numero di poli. Per impianti esistenti o nuovi, è prudente far verificare progetto e dimensionamento da un professionista abilitato.
- Corrente nominale (In): dimensiona In in base alla sezione dei cavi e al carico previsto. In casa, linee prese spesso usano 16 A; l’obiettivo è evitare il surriscaldamento dei conduttori e il distacco intempestivo.
- Curva d’intervento: per carichi prevalentemente resistivi (prese domestiche, illuminazione) si usa spesso la curva B. Per carichi con spunti (motori, compressori) è comune la curva C. La scelta corretta riduce scatti inutili e protegge efficacemente.
- Potere di interruzione (Icn/Icu): indica il massimo corto che l’interruttore può interrompere in sicurezza. In ambito domestico si trovano valori come 4,5 kA o 6 kA; scegli in relazione alla corrente di corto disponibile nel punto di installazione.
- Selettività e coordinazione: nei quadri con più interruttori è utile che un guasto faccia intervenire solo il dispositivo a valle. Curva, tempi e calibro aiutano la selettività, evitando lo spegnimento dell’intero impianto per un guasto locale.
- Numero di poli e neutro: in monofase si adotta spesso “unipolare+neutro” con apertura dei due conduttori; in trifase si sceglie il numero di poli in base allo schema e ai carichi, considerando anche l’eventuale neutro.
- Marcature e conformità: verifica la norma di prodotto riportata (es. CEI EN 60898-1 per interruttori per uso domestico) e i dati di targa leggibili. Le marcature chiare facilitano manutenzione e sostituzioni future.
Quale curva scegliere per un elettrodomestico?
Se il carico ha spunto all’avvio (motore, pompa, compressore), la curva C tollera meglio il picco iniziale rispetto alla B, riducendo scatti indesiderati. Per carichi resistivi (es. lampade LED con alimentatori adeguati), la curva B è spesso sufficiente.
Quanto conta il potere di interruzione?
Molto: in caso di corto circuito il dispositivo deve aprire in sicurezza. Se il potere di interruzione è inferiore alla corrente di corto disponibile, l’interruttore potrebbe non spegnere correttamente l’arco, con rischio per impianto e persone.
Punti chiave rapidi
- Protegge da sovraccarichi e cortocircuiti.
- Non sostituisce il differenziale (RCD).
- Curva e In vanno dimensionate per il carico.
- Verifica Icn/Icu rispetto alla corrente di corto.
- Riferimento alle norme: CEI 64-8 e CEI EN 60898-1.
- Per lavori, affidarsi a professionisti qualificati.
Norme e sigle da conoscere
In Italia, l’impiantistica si riferisce a norme tecniche come CEI 64-8 (impianti utilizzatori in bassa tensione) e CEI EN 60898-1 (interruttori per uso domestico e similare). Per i differenziali esistono specifiche come CEI EN 61008-1 (RCCB) e CEI EN 61009-1 (RCBO). Queste norme aiutano a valutare conformità e impiego corretto dei dispositivi.
La protezione addizionale è ottenuta con dispositivi a corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA nei circuiti che alimentano prese fino a valori specificati.
Va ricordato che le norme definiscono requisiti minimi e modalità d’uso; non sostituiscono la progettazione. Un tecnico può valutare schematici, cavi e protezioni perché siano coerenti con CEI 64-8 e con le condizioni reali di esercizio. In caso di dubbi, meglio un sopralluogo e misure strumentali.
Sigle utili: MCB (Miniature Circuit Breaker, interruttore magnetotermico), RCCB (Residual Current Circuit Breaker, puro differenziale), RCBO (differenziale con protezione magnetotermica integrata). Capire la funzione evita sostituzioni improprie o scelte non adatte al circuito.
Come leggere i dati in etichetta
Sulla faccia frontale di un magnetotermico domestico trovi tipicamente la corrente nominale (per esempio B16 o C16), la norma applicabile, il potere di interruzione, la tensione nominale e, a volte, il potere di chiusura. Una lettura consapevole di questi dati rende più semplice la manutenzione e il rinnovo dei quadri.
Le curve di intervento B, C e D indicano a quale moltiplo di In il dispositivo scatta istantaneamente: in modo tipico 3–5×In per B, 5–10×In per C, 10–20×In per D. La curva non aumenta la “potenza” del circuito: ottimizza l’avviamento dei carichi senza perdere protezione.
I poteri di interruzione (Icn/Icu) si leggono come 4,5 kA, 6 kA, 10 kA, ecc. Più alto è il valore, maggiore è la capacità di interrompere correnti di corto elevate. Il valore richiesto dipende dal punto dell’impianto: una misura della corrente di corto aiuta a scegliere con criterio.
Infine, la selettività tra interruttori riduce gli spegnimenti estesi: in caso di guasto scatta quello più vicino al problema. Tempi d’intervento e calibro, insieme alla curva, guidano un coordinamento efficace tra i dispositivi a monte e a valle.
Domande frequenti
Un magnetotermico può sostituire il differenziale?
No. Il magnetotermico non rileva dispersioni a terra; il differenziale è progettato per questo. In impianti domestici si usano entrambi per ottenere protezioni complementari e coerenti con le norme.
Quali sono le curve B, C e D più comuni?
Sono profili di sgancio istantaneo: B è più sensibile (3–5×In), C è intermedia (5–10×In), D tollera alti spunti (10–20×In). La scelta dipende dal tipo di carico collegato.
Che differenza c’è tra Icn e Icu?
Entrambi indicano il potere di interruzione. Icn è la capacità di interrompere una corrente di corto in condizioni definite e restare idoneo; Icu è un valore di riferimento più severo in alcuni standard.
Quando conviene sostituire un magnetotermico?
In presenza di scatti anomali persistenti, danni visibili, morsetti usurati o dati di targa non leggibili. Una verifica tecnica può confermare se la sostituzione sia necessaria e quale modello adottare.
In casa è preferibile 6 kA o 10 kA?
Dipende dalla corrente di corto nel punto d’installazione: in molti contesti domestici 6 kA è comune, ma dove la corrente di corto è più alta può servire un valore maggiore.
Posso installarlo da solo?
Lavorare su quadri elettrici è rischioso. Per interventi e verifiche è consigliabile rivolgersi a personale abilitato, che può misurare correnti di corto e verificare il rispetto delle norme.
In sintesi, cosa ricordare
- Il magnetotermico interrompe sovraccarichi e corti.
- Il differenziale rileva dispersioni: funzioni diverse.
- Curva, In e Icn/Icu guidano la scelta.
- Le norme CEI aiutano a valutare la conformità.
- Per interventi, meglio un tecnico abilitato.
Una buona scelta nasce da dati di targa compresi e da misure nella realtà dell’impianto. Valuta curva, corrente nominale e potere di interruzione in relazione ai carichi, e considera la selettività con i dispositivi a monte per ridurre disservizi.
Queste informazioni sono di carattere generale: non sostituiscono la progettazione o la consulenza professionale. Per interventi sull’impianto e verifiche di sicurezza, affida la valutazione a un tecnico qualificato, che potrà indicare il dispositivo più adatto al tuo caso.
