I buoni pasto elettronici sono una forma digitale di voucher pasto: una carta o un’app con cui paghi pranzi, pause caffè o spesa alimentare in negozi convenzionati. Se hai sentito parlare di carta pasto o buoni mensa digitali, si tratta dello stesso concetto, con regole precise di utilizzo.

Vuoi capire in pochi minuti come funziona la carta dei buoni pasto elettronici? Qui trovi cosa sono, dove usarli, limiti tipici, cosa puoi comprare, costi e prassi di fatturazione per gli esercenti, con esempi concreti e consigli per evitare errori comuni.

Come funzionano i buoni pasto elettronici nella pratica?

Il datore di lavoro acquista un pacchetto di buoni da un emittente e li carica su una card o su un’app. Il dipendente paga alle casse degli esercizi convenzionati passando la card al POS o mostrando un codice, e il valore viene scalato dal saldo. Di norma, la ricarica è periodica (mensile o a scaglioni) e il credito residuo si vede dallo scontrino o nell’app.

La procedura in cassa è simile a un pagamento elettronico: si seleziona la modalità buono pasto, si digita l’importo e, se previsto, si inserisce un PIN. Se il totale supera il saldo, puoi integrare con altri metodi di pagamento. In caso di rifiuto, spesso basta riprovare con l’esercente o verificare che l’attività sia effettivamente in convenzione.

Dove si usano e con quali limiti?

Si usano nella rete di esercenti convenzionati (bar, ristoranti, mense, supermercati, gastronomie). Ogni emittente stipula convenzioni: l’esercente aderisce, riceve rimborsi e accetta la tua card. La disponibilità varia per zona e categoria merceologica; verifica su app o elenco aggiornato del gestore.

L’uso è personale, per l’acquisto di pasti o generi alimentari. Il quadro normativo stabilisce principi di base su non cedibilità e non convertibilità in denaro; dettaglia anche l’uso presso esercizi convenzionati e le prassi di rimborso. Il riferimento operativo è il decreto ministeriale 122/2017.

Sono utilizzabili esclusivamente presso gli esercizi convenzionati; non sono cedibili né convertibili in denaro.

Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) — Decreto 7 giugno 2017 n. 122, 2017.

Errori comuni e buone pratiche

  • Confondere buoni e denaro. I buoni hanno regole proprie: valgono per pasti e alimentari, non per beni non alimentari. Chiedi conferma in cassa se hai dubbi.
  • Usarli in negozi non convenzionati. Senza convenzione il POS non li accetta. Cerca l’adesivo in vetrina o l’elenco su app del gestore per evitare pagamenti respinti.
  • Ignorare i limiti di cumulo. L’uso cumulato è spesso permesso, ma l’esercente può fissare soglie operative. Chiariscile prima della spesa, soprattutto per importi alti.
  • Dimenticare la scadenza. Le card e i buoni hanno una data di validità. Controllala periodicamente: alcune emissioni prevedono estensioni o sostituzioni, altre no.
  • Non tenere lo scontrino. Serve per verificare il saldo e per eventuali reclami. È utile anche al negozio per rendicontare i rimborsi all’emittente.
  • Confondere promozioni e limiti. Sconti del punto vendita non cambiano ciò che puoi comprare con i buoni. Le regole d’uso restano le stesse.
  • Trascurare l’assistenza. Se la card non funziona, contatta il servizio clienti dell’emittente: spesso risolve con sblocco, sostituzione o ricarica correttiva.

Fatti essenziali da conoscere

  • Sono benefit per l’acquisto di pasti e generi alimentari in esercizi convenzionati.
  • Funzionano con card o app e saldo digitale; non sono denaro contante.
  • Uso cumulato possibile, salvo limiti dell’esercente e del gestore.
  • Esenzione fiscale entro 8 € al giorno per il formato elettronico.
  • Piano di fatturazione e rendicontazione varia per fornitore ed esercente.

Cosa si può acquistare e cosa no?

La regola pratica è semplice: consentiti pasti e alimenti; esclusi beni non alimentari. Ristoranti e bar accettano normalmente piatti pronti, panini, bevande analcoliche, menù; i supermercati accettano generi alimentari preconfezionati o freschi, in base alla convenzione.

Di solito puoi acquistare pane, pasta, riso, carne, pesce, latticini, frutta e verdura, piatti pronti e bevande analcoliche. Invece non rientrano, in genere, elettronica, tabacchi, abbigliamento, prodotti per la casa non alimentari o ricariche telefoniche. Per le aree grigie (es. integratori, prodotti misti) decide la cassa, in base alla convenzione e alle categorie merceologiche del punto vendita.

Posso usarli per la spesa settimanale?

Sì, molti li usano così: si cumula l’importo necessario (nei limiti del negozio) e si paga la parte alimentare del carrello. Per il resto del carrello, si integra con altri metodi di pagamento. È una soluzione utile quando non pranzi fuori ma vuoi valorizzare il benefit.

Ricorda che alcune catene distinguono in scontrino le voci ammissibili da quelle escluse: il sistema scala i buoni solo per gli articoli compatibili. Questo evita contestazioni e aiuta il negozio a rendicontare in modo corretto.

Quanto costano e chi li paga?

Il valore facciale (es. 6, 8 o 10 euro) lo decide l’azienda quando va ad acquistarli dall’emittente. Per il lavoratore è un benefit; per l’esercente esistono commissioni e tempi di rimborso stabiliti in convenzione. In Italia, la parte esente da imposte arriva a 8 euro al giorno per il formato elettronico (4 euro per il cartaceo), secondo l’articolo 51 del TUIR. Questo non è un consiglio fiscale: l’applicazione concreta dipende da contratto, prassi aziendale e normativa vigente.

Per gli esercenti, le condizioni economiche includono di solito una percentuale di commissione sul transato e termini di rimborso; variano da gestore a gestore. In punti vendita a basso margine, vale la pena negoziare la convenzione o limitare l’uso a determinati reparti per tutelare la redditività.

Come gestiscono fatture e rimborsi gli esercenti?

Il negozio incassa con il POS in modalità buoni pasto, invia i flussi all’emittente e riceve periodicamente il rimborso. La parte amministrativa prevede rendiconti dettagliati: numero di transazioni, importi, commissioni. In alcuni accordi l’emittente invia autofattura o report di dettaglio; in altri l’esercente deve fatturare secondo le istruzioni contrattuali. Chiedi sempre al tuo consulente contabile come registrare le operazioni nel gestionale.

Per il datore di lavoro, la contabilizzazione del costo segue le regole interne e la normativa fiscale; è buona prassi indicare chiaramente in policy aziendale chi ha diritto ai buoni, quando maturano e come vengono erogati. In caso di dubbi, confrontati con l’amministrazione del personale o con il consulente del lavoro.

In breve, cosa ricordare

  • I buoni pasto elettronici sono card o app per pagare pasti e alimenti in esercizi convenzionati.
  • Si usano nella rete convenzionata; uso cumulato possibile, con eventuali limiti del negozio.
  • Sono benefit non convertibili in denaro; valgono per alimenti, non per beni non alimentari.
  • Per gli esercenti contano commissioni, tempi di rimborso e corretta rendicontazione.
  • Per aspetti fiscali e contabili, fai riferimento alla normativa e al tuo consulente.

I buoni pasto elettronici semplificano pausa pranzo e spesa alimentare, offrendo flessibilità a chi lavora e nuove opportunità di vendita ai negozi. Per sfruttarli al meglio, verifica sempre la convenzione dell’esercizio e tieni d’occhio saldo, scadenze e limiti operativi fissati dal punto vendita.

Le regole possono cambiare nel tempo: per questo conviene monitorare le comunicazioni dell’emittente e le note ufficiali, soprattutto in materia fiscale. In caso di incertezze, un breve confronto con l’amministrazione del personale o con un consulente di fiducia aiuta a evitare errori e a rendere l’esperienza più fluida per tutti.

Quest'articolo è stato scritto a titolo esclusivamente informativo e di divulgazione. Per esso non è possibile garantire che sia esente da errori o inesattezze, per cui l’amministratore di questo Sito non assume alcuna responsabilità come indicato nelle note legali pubblicate in Termini e Condizioni
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