Gerusalemme, città sacra dal significato profondo, è stata testimone di eventi straordinari nel corso dei secoli. Ma tra tutte le vicende che ha vissuto, c’è un evento che ha segnato indelebilmente le sue strade e le sue pietre: il pianto di Gesù.
Quel giorno era un giorno come tanti, ma l’aria era pregna di tensione e di tristezza. Gesù, il messia tanto atteso, si avvicinava alla città . Era seguito da una folla di seguaci, che lo acclamavano come il nuovo re d’Israele, come colui che avrebbe liberato il popolo dalla schiavitù dei romani.
Ma Gesù sapeva cosa l’aspettava. Non era venuto per instaurare un regno terreno, ma per portare un messaggio di amore e di salvezza. E sapeva che la sua venuta a Gerusalemme sarebbe stata la sua ultima tappa sulla .
Mentre si avvicinava alla città, Gesù si fermò e pose il suo sguardo su di essa. E iniziò a piangere. Piangeva per la cecità spirituale del popolo, per la durezza dei loro cuori. Piangeva per quello che li aspettava, per la sofferenza e la morte che lo attendevano.
Gesù disse: “Se tu avessi conosciuto, almeno in questo giorno, ciò che può apportare la pace! Ma ora è nascosto ai tuoi occhi. Verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di terrapieni e ti assedieranno da ogni parte. Ti raderanno al suolo te e i tuoi figli in te, e non lasceranno in te pietra su pietra, perché tu non hai conosciuto il tempo in cui sei stata visitata” (Luca 19:41-44).
Le parole di Gesù erano piene di dolore e di avvertimento. Ma Gerusalemme non ascoltò. Pochi giorni dopo, Gesù sarebbe stato arrestato, giudicato ingiustamente e condannato a morte. La sua crocifissione avvenne proprio fuori dalle mura di Gerusalemme, come se la città stessa fosse complice di quel terribile atto.
Il pianto di Gesù quel giorno era un pianto non solo per Gerusalemme, ma per l’intera umanità. Piangeva per i peccati e le sofferenze che avrebbe dovuto sopportare per riportare l’uomo a Dio. Il suo amore per il genere umano era così grande che anche la città santa non riuscì a riconoscerlo né a riceverlo come il suo vero re.
Ma la storia non finisce con la morte di Gesù. Perché tre giorni dopo la sua sepoltura, egli risuscitò dai morti, rompendo così il potere del peccato e morte. Gerusalemme avrebbe potuto lavare le sue colpe con il sangue di Gesù e accoglierlo come il suo Salvatore.
Oggi, il pianto di Gesù continua ad echeggiare nelle nostre vite. Piange per le volte in cui non lo riconosciamo, per le volte in cui lo rifiutiamo. Ma il suo amore e il suo perdono sono ancora offerti a tutti coloro che lo cercano sinceramente.
Gerusalemme, città santa dalla storia così ricca di episodi, offre la possibilità di riscoprire il vero significato dell’amore di Gesù per l’umanità. Possiamo camminare per le sue strade e meditare sul pianto del messia, riflettendo sulla nostra risposta a quel pianto.
Gerusalemme, città sacra, “Gesù, Gerusalemme Piange”. Questa frase racchiude in sé un appello a ciascuno di noi, a non far piangere più il nostro Signore, ma ad accoglierlo con amore e gratitudine nelle nostre vite.