Negli anni ’50 e ’60, Berlinguer divenne uno dei principali esponenti del PCI e contribuì in modo significativo alla crescita del partito, diventando segretario generale nel 1972. Durante questo periodo, Berlinguer promosse una visione del comunismo che si distaccava dal modello sovietico e si autodefiniva come “comunismo democratico”.
Berlinguer era convinto che il comunismo potesse essere una forza per il cambiamento all’interno della democrazia, e che l’unità dei partiti di sinistra potesse portare alla creazione di una società più giusta e libera. Nel corso degli anni ’70, Berlinguer lavorò anche per avvicinare il PCI ai cattolici e alla Chiesa, cercando di creare un “Fronte Nazionale” popolare che potesse sconfiggere il neonato movimento neofascista.
La figura di Berlinguer fu cruciale anche in relazione alla politica estera del PCI: Berlinguer cercò di avvicinare il partito a quello che poi sarebbe stato il Movimento dei Non Allineati, promuovendo un forte sostegno al Terzo Mondo e alle lotte per l’emancipazione dei popoli oppressi.
Nel 1976, durante la campagna elettorale per le elezioni politiche, Berlinguer fu vittima di un attentato da parte di Vincenzo Vinciguerra, membro di un gruppo neofascista. Fortunatamente, Berlinguer sopravvisse all’attentato, ma il suo incidente fu un segnale del clima politico di quegli anni.
Dopo la morte di Berlinguer, avvenuta nel 1984, la figura del segretario generale del PCI rimase un punto di riferimento per molte persone a sinistra. Berlinguer rappresentava infatti una nuova concezione del comunismo, distante dal modello sovietico e molto legata alla difesa della democrazia e dei diritti civili.
Anche il linguaggio e gli slogan di Berlinguer sono diventati celebri: è ancora oggi molto noto il suo invito a costruire una “buona società” e a “fare tesoro di ogni esperienza”. Inoltre, i suoi discorsi sono spesso citati in occasione di manifestazioni e commemorazioni a sinistra, come testimonianza di un’epoca importante della storia italiana.
Berlinguer è stato definito “l’ultimo comunista italiano”, non solo per la fine del PCI, ma soprattutto per l’enorme impatto che il suo pensiero ha avuto nella politica italiana, influenzando le generazioni successive di leader politici di sinistra. La sua figura continua a rappresentare una “rinnovata idea di sinistra” e un esempio di dignità e coerenza nella lotta per la giustizia sociale.