Ti sei mai chiesto come si chiama il verso del gallo? In italiano si imita con l’onomatopea chicchirichì, un canto potente usato come richiamo e segnale. In questa guida scoprirai significato, uso e funzionamento del canto, insieme a esempi, varianti nelle lingue e interessanti analogie sonore.
Il gallo “canta”: in italiano lo imitiamo con chicchirichì. Il canto è un richiamo territoriale e sociale, favorito all’alba dal ritmo interno. Nasce nella siringe, l’organo vocale degli uccelli. Onomatopee e tradizioni variano da paese a paese.
Qual è il verso del gallo?
In termini generali si parla di “canto del gallo”, una forma di richiamo forte e ripetuto. L’onomatopea del gallo più comune in italiano è “chicchirichì”, che cerca di imitare la sequenza di sillabe e l’andamento crescente del suono.

In ambito quotidiano, dire “si sente il gallo che canta” equivale a riconoscere un segnale territoriale e di presenza, non solo un “sveglia” naturale. In italiano l’onomatopea più diffusa è “chicchirichì”.
Come si scrive chicchirichì?
La grafia più attestata è “chicchirichì”, con accento sulla ì finale. Esistono varianti informali senza accento (“chicchirichi”), ma l’accento aiuta a rendere l’ultima sillaba prolungata. In testi per bambini o fumetti compaiono anche duplicazioni o allungamenti delle vocali per imitare l’intensità del canto.
Sinonimi e varianti regionali
Nel parlato si usano anche “canto del gallo” o, più genericamente, “richiamo del gallo”. Alcuni regionalismi propongono rime giocose o modulazioni locali, ma il significato resta quello di un verso rituale, ripetuto a frasi, con una cadenza riconoscibile e memorabile.
Perché il gallo canta all’alba?
Il motivo principale è legato al ritmo circadiano, un orologio biologico che prepara gli animali a comportamenti regolari nelle 24 ore. Per i galli, ciò significa che il picco di probabilità di canto cade intorno all’alba, anche in condizioni di luce artificiale costante, come mostrano studi sperimentali.
Oltre all’orologio interno, contano stimoli esterni come rumori, luci, presenze di altri maschi o cambiamenti nell’ambiente. Il canto serve a marcare territorio, coordinare il gruppo e comunicare stato e vigore. Non è quindi esclusivamente mattutino: può emergere in vari momenti, in risposta a contatti sociali, competizioni o allarmi.
Punti chiave sul gallo
- Il verso del gallo si chiama canto; l’onomatopea italiana è chicchirichì.
- È un richiamo territoriale e sociale, non solo mattutino.
- La voce nasce nella siringe, l’organo vocale degli uccelli.
- L’orologio circadiano rende il canto più probabile all’alba.
- Volume e durata variano con razza, età, stagione e ambiente.
- Onomatopee e tradizioni cambiano molto tra le lingue del mondo.
Come funziona la voce degli uccelli
Negli uccelli il suono non viene dalla laringe, ma dalla siringe degli uccelli, situata alla base della trachea, nel punto in cui si biforca nei bronchi. È un organo altamente specializzato con membrane vibranti e muscoli fini che modulano frequenza, intensità e timbro del canto.
Siringe: cos’è e dove si trova
La siringe è una piccola “cassa armonica” con valvole e membrane che vibrano quando l’aria passa dai sacchi aerei verso l’esterno. La sua posizione profonda permette un’efficienza sonora elevata:

molto volume con poca aria. Alcuni uccelli possono addirittura produrre due suoni simultanei, uno per ciascun bronco.
Acustica del canto: frequenze e armoniche
Il canto del gallo tende a partire con un attacco netto, salire di intensità e chiudere con una sillaba prolungata. Il profilo spettrale mostra componenti fondamentali e armoniche che danno brillantezza e “presenza”. La forma del becco, la postura e l’ambiente (cortile, pareti, vegetazione) influenzano la proiezione e la percezione del suono.
Come suona il gallo in altre lingue
Ogni lingua imita il canto del gallo in modo diverso, scegliendo consonanti e vocali che ricordano l’attacco e la coda del verso. Le onomatopee non traducono letteralmente il suono: lo evocano, rispettando ritmo e musicalità tipici della lingua.
- Italiano: “chicchirichì”. È la forma più diffusa e appare anche in filastrocche e racconti. Spesso si allunga l’ultima sillaba per rendere la chiusura del canto.
- Inglese: “cock-a-doodle-doo”. La sequenza sillabica punta sul crescendo centrale e sulla coda aperta. È forse l’onomatopea di gallo più nota nei media anglofoni, spesso resa in caricatura.
- Francese: “cocorico”. Ritmo ternario, molto usato anche come slogan sportivo e simbolico. Mantiene l’idea di richiamo squillante e ripetuto.
- Spagnolo: “kikirikí”. La í finale prolungata aiuta a imitare la coda del verso. In alcune aree si trova anche “quiquiriquí”, con variazione delle consonanti.
- Tedesco: “kikeriki”. Il ritmo scandito e la ripetizione delle sillabe mimano l’attacco del canto. Nelle filastrocche per bambini è comune un andamento più marcato.
- Portoghese (Brasile): “cócórócó”. Le vocali toniche disegnano una salita melodica. Si trovano anche grafie simili (“cocoricó”) nei media per l’infanzia.
- Giapponese: “kokekokko”. La ripetizione evoca il fraseggio del verso. La versione in kana prolunga l’ultima ō per imitare la coda.
- Polacco: “kukuryku”. La sequenza crescente ricorda bene l’alzata del canto. È frequente in racconti e giochi vocali, con una coda spesso più prolungata.
Quando il gallo emette altri richiami?
Oltre all’alba, il gallo può cantare a metà giornata, al tramonto o di notte se luci artificiali e rumori lo stimolano. Il verso è usato in competizione tra maschi per stabilire gerarchie: sequenze più lunghe e intense segnalano energia e occupazione del territorio. In contesti di gruppo, il canto aiuta a sincronizzare movimenti e presenza.
Esistono poi richiami diversi dal “canto”: suoni più brevi per allarme (predatori, intrusi), richiami per coordinare la covata o segnalare cibo. Questi segnali hanno strutture acustiche differenti e vengono emessi in risposta a situazioni specifiche. Ascoltarne durata, ritmo e contesto è il modo migliore per interpretarli con precisione.
Domande frequenti
Qual è il nome tecnico del verso del gallo?
Si parla di “canto del gallo”. In ambito descrittivo è un richiamo territoriale e sociale, composto da frasi ripetute con andamento crescente e chiusa prolungata.
Il gallo canta solo all’alba?
No. L’alba è il picco favorito dal ritmo interno, ma il gallo può cantare anche in altri momenti, per competizione, segnalazione di presenza, allarme o risposta a stimoli esterni.
Perché il canto del gallo è così forte?
La siringe è molto efficiente e, con postura e apertura del becco, amplifica il suono. Anche pareti e cortili possono riflettere l’onda sonora aumentando la percezione del volume.
Come si scrive correttamente chicchirichì?
La grafia più comune è “chicchirichì”, con accento sulla ì finale. Le varianti senza accento sono informali e meno precise nell’indicare la sillaba finale prolungata.
La gallina fa lo stesso verso del gallo?
No. La gallina emette richiami diversi, spesso più brevi e modulati; in italiano si rende con “coccodè”. Sono segnali di contatto, allarme o comunicazione con i pulcini.
Si può insegnare a un gallo a non cantare?
Il canto è naturale e legato al ritmo biologico. Ridurre stimoli notturni (luci, rumori) può limitarne la frequenza, ma non è realistico né opportuno “eliminare” un comportamento innato.
In sintesi rapida
- Il verso del gallo è un canto territoriale.
- In italiano l’onomatopea è chicchirichì.
- Il canto nasce nella siringe degli uccelli.
- L’orologio circadiano favorisce il canto all’alba.
- Onomatopee e usi variano tra lingue e culture.
Ascoltare con attenzione, osservare il contesto e confrontare diverse onomatopee aiuta a capire davvero il canto del gallo. Se ti capita di sentirlo in luoghi e orari insoliti, pensa a luci, rumori e interazioni sociali: spesso sono loro a innescare il comportamento, più che un “orologio” impazzito.
La prossima volta che sentirai un gallo, prova a riconoscere l’attacco, il crescendo e la coda finale. Confronta ciò che percepisci con le onomatopee delle varie lingue: è un esercizio divertente e utile per allenare l’orecchio e cogliere le sfumature del suono senza preconcetti.